Registrazione del tempo di lavoro: studio sulle nuove regole adottate nel 2016
Berna, 29.09.2019 - Chi rinuncia a registrare il proprio tempo di lavoro oppure chi opta per la registrazione semplificata lavora più a lungo e presenta più spesso orari atipici. Nelle aziende che hanno introdotto misure di accompagnamento la salute di queste persone non ne risente rispetto a chi registra sistematicamente il tempo di lavoro, né il loro carico di stress è superiore. Lo afferma uno studio dell’università di Ginevra che ha valutato l’impatto di tali misure.
La Segreteria di Stato dell’economia (SECO) ha incaricato l’Università di Ginevra di valutare l’impatto delle misure di accompagnamento sulla durata del lavoro effettivo, lo stress sul lavoro, la conciliazione lavoro-famiglia e la salute dei lavoratori. Hanno partecipato all’inchiesta 2013 lavoratori provenienti da otto aziende di settori diversi: assicurazioni, telecomunicazioni, industria e commercio al dettaglio. Nessuna impresa del ramo bancario ha accettato di partecipare allo studio, pur ricorrendo di frequente alle deroghe ammesse dalla legge sul lavoro.
Rinunciare alla registrazione sistematica = lavorare di più
Secondo lo studio i dipendenti che hanno rinunciato alla registrazione lavorano in media 45,6 ore alla settimana rispetto alle 41,8 ore di coloro che beneficiano della registrazione semplificata e alle 39,6 ore di chi registra sistematicamente il tempo di lavoro. A seconda delle deroghe, aumenta la probabilità che la settimana di lavoro si allunghi molto (oltre 55 ore): è infatti dell’1,3 per cento per chi registra tutte le ore, sale al 3,4 per cento per coloro che beneficiano della registrazione semplificata e si impenna all’11,7 per cento dei lavoratori che hanno rinunciato alla registrazione.
Soprattutto i lavoratori che rinunciano alla registrazione presentano un orario atipico, come nel caso del lavoro svolto la sera (60%, contro una media del 35,2%), di sabato (79,2%, contro una media del 59,0%), e di domenica (59,2%, contro una media del 38,9%).
Stress, conciliazione lavoro-famiglia e salute: effetti indiretti e complessi
Lo studio non instaura un legame diretto tra la modalità della registrazione del tempo di lavoro e l’esposizione a un importante rischio di stress. Ciò nonostante, si osserva una significativa correlazione tra la mancanza di misure di accompagnamento in azienda e l’insoddisfazione verso la modalità di registrazione delle ore lavorative, con un elevato livello di stress. Ciò è particolarmente vero nei casi in cui le persone assoggettate agli articoli 73a e 73b OLL 1 desidererebbero registrare la totalità delle ore prestate. In altre parole, si delinea un effetto favorevole sulla salute se i lavoratori hanno la facoltà di scegliere liberamente le modalità di registrazione del tempo di lavoro e se nelle imprese esistono misure di accompagnamento in conformità con la legge.
In generale, la conciliazione lavoro-famiglia è considerata buona, ma è più difficile per i dipendenti che hanno rinunciato a registrare il tempo di lavoro. Idem dicasi, seppur in misura minore, per coloro che registrano in via semplificata rispetto a chi effettua una rilevazione sistematica.
Niente conclusioni definitive, le correlazioni sono complesse
I risultati dello studio non permettono di trarre conclusioni definitive su un nesso di causalità tra le modalità di registrazione del tempo di lavoro e lo stato di salute delle persone stesse, né sono stati evidenziati effetti a breve termine. Si osserva però che associando i risultati – per quanto talvolta complesso – con alcune variabili gli effetti indiretti o a più lungo termine appaiono plausibili. È infatti dimostrato scientificamente che variabili come la durata settimanale del lavoro, lo stress o la conciliazione famiglia-lavoro, hanno un’incidenza sulla salute.
L’ordinanza 1 concernente la legge sul lavoro, in vigore dal 1.1.2016, contiene disposizioni che permettono ai lavoratori, a certe condizioni, di rinunciare completamente alla registrazione del tempo di lavoro (art. 73a) o di optare per la registrazione semplificata (art. 73b). Alla fine del 2017 la Commissione federale del lavoro aveva approvato uno studio per valutare l’attuazione di queste deroghe nelle imprese e il loro impatto, in particolare sulla salute dei dipendenti. La SECO ne ha affidato la realizzazione all’équipe del professor J.-M. Bonvin dell’Università di Ginevra. L’inchiesta ha preso il via nella primavera 2018.
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Ultima modifica 14.05.2024
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